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Le
origini della Casa della Carità di Cognento
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La
famiglia di Cognento si è formata il 14 febbraio 1989
festa dei S.S. Cirillo e Metodio. Il Vescovo Santo Quadri aveva
chiesto un aiuto per far fronte all'emergenza dei terzomondiali,
per dar loro ospitalità in attesa di trovare lavoro e
alloggio. Mantenendola però in questo ambito, il ricambio
continuo degli ospiti e delle presenze in casa non avrebbero
certo favorito un clima di famiglia. Così, su proposta
di fr. Pierino, si trasferirono alcuni ospiti dalla Macchiaccia
(casa di formazione dei fratelli) a Cognento: Emilio Vigato,
il veterano, il nonno di casa, ancora oggi orgoglioso di aver
"aperto" la casa, Guerrino Bertolani, nonnino di Rubiera
che in tal modo si sarebbe avvicinato alle origini, Eugenio
Battilani, un ragazzo con problemi psichiatrici che poi uscì
dalla comunità e Franco Zerbato un ex tossicodipendente
di Chiampo (VI). Poco dopo arrivarono Gabriele (soprannominato
da Ugo della Macchiaccia il Pifferone) e Stefanino Bazzanini.
La casa, di proprietà della diocesi, era occupata prima
dai Servi della Chiesa che ospitavano ex carcerati. Nei mesi
precedenti l'apertura si fecero dei lavoretti di ristrutturazione,
adattamenti del caso, poi si trasferirono gli ospiti e con loro
i fratelli che aprirono la casa: fr. Stefano Talenti (ora don)
e fr. Filippo Capotorto (anche lui ora don). |
Il primo si stava preparando
al diaconato, che ricevette nel dicembre dello stesso
anno, e il secondo era al 2° anno di seminario, avrebbe
frequentato da esterno facendo avanti e indietro Cognento-Reggio.
Vi era anche il probando Matteo Mioni che rimase per un
breve periodo. Si trattava quindi solo di inaugurare la
casa e decidere a chi dedicarla.
Si scelsero i S.S. Cirillo e Metodio: i patroni d'Europa,
gli evangelizzatori dell'Europa dell'Est; perchè,
come loro tradussero il Vangelo in cirillico per quelle
popolazioni, così anche la casa della Carità
si proponeva di tradurre il Vangelo per gli stranieri
e per chiunque la visitasse attraverso il linguaggio delle
tre mense. |
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Dalla testimonianza di Don
Stefano:
"Il Vescovo di Modena, Santo Quadri chiese di venire
in questa casa per /'accoglienza degli extracomunitari. A
quel tempo, a Cognento, esisteva già una casa del comune,
in via Benzi, per le accoglienze degli extracomunitari; era
però nell'intenzione dei servizi sociali chiuderla
e quindi il Vescovo, che lavorava molto nella pastorale sociale,
chiese a noi Fratelli della Carità di venire ad aprire
questa casa che fu anni prima dei Servi della Chiesa, i quali
svolsero un lungo servizio con gli ex-carcerati. In questa
casa abitò anche, per alcuni anni, don Dino Torreggiani,
fondatore dei Servi della Chiesa. Andammo io e don Romano
a incontrare il Vescovo; avevamo deciso che io fossi superiore,
mentre don Daniele ci avrebbe accompagnato dal punto di vista
spirituale con la Messa e la preghiera comunitaria al mattino;
don Filippo, allora seminarista, sarebbe andato al mattino
in seminario e nel pomeriggio in casa. Col Vescovo stabilimmo
che all'inizio avremmo accolto le persone ospitate nella casa
di via Benzi e successivamente avremmo usato criteri nostri
per le accoglienze. Così venimmo ad abitare a Cognento
già verso la metà di gennaio 1989. Vennero con
me, dalla casa della Macchiaccia, Beppe, che aiutava solo
per sistemare gli ambienti, don Filippo, Guerrino Bertolani,
Gabriele, Eugenio ed Emilio.
Decidemmo per l'apertura, la data del 14 febbraio. Arrivarono
da subito una quindicina di extra comunitari della casa di
via Benzi. Ci chiarimmo subito anche col comune sullo stile
da vivere in casa: orari ben definiti, e un aspetto al quale
noi abbiamo tenuto molto sin dall'inizio per vivere secondo
un certo spirito e cioè la gratuità. I servizi
sociali, che facevano riferimento a Porta Aperta, ci chiesero
una via preferenziale per le accoglienze e ci offrirono delle
rette, ma noi le rifiutammo. Chiedemmo solo alla Diocesi che
la casa fosse sistemata e questo sarebbe bastato: il tutto
per vivere abbandonati alla Provvidenza secondo uno stile
di famiglia, facendo con quello che si aveva. Anche per gli
ospiti che si aggiunsero, benché alcuni lavorassero,
si tenne il criterio della gratuità: non pagavano nulla.
Questa secondo me fu la scelta vincente, perché i ragazzi
si sentivano accolti e, anche se musulmani o di altre religioni,
credo si sia, vissuto secondo uno spirito di famiglia in uno
scambio e una fiducia reciproci; ricordo molti di loro che
vennero a parlare, a confidare le preoccupazioni; oppure altri
chiesero a noi di custodire i soldi che guadagnavano, di mandarli
poi ai genitori o alle famiglie in Marocco tramite la posta.
Dormivamo poco perchè cercavamo di essere attenti ai
turni di lavoro, dato che la maggioranza di loro lavorava
in ceramica. Ci furono difficoltà con alcuni dei più
giovani, i quali fecero fatica a stare alle regole perchè
stabilimmo, nei giorni feriali, il rientro alle 10 di sera
e il sabato a mezzanotte; altre fatiche nacquero dalla condivisione
delle difficoltà del loro essere stranieri in Italia
in mezzo a mille problemi: per alcuni fu una condizione pesante
da vivere che li portò alla disperazione, sfociata
nel bere o in chissà cos'altro. Cercammo di tenere
sempre la porta aperta specialmente per coloro che facevano
incidenti sul lavoro o incidenti stradali. I servizi sociali
ci segnalarono sempre queste situazioni per cui abbiamo avuto
in casa extracomunitari ingessati o con gravi problemi di
salute. Anche questo è stato un modo di annunciare
il vangelo facendo loro capire che chi era più in difficoltà
a causa della malattia o per disgrazie varie era bisognoso
di maggior attenzione. lo rimasi 2 anni; don Filippo, dopo
un anno con noi, entrò in seminario ed arrivò
con me in comunità frate Paolo Santini. "
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Proprio il giorno
dell'apertura il nonnino Guerrino fu colpito da ictus
mentre era a tavola e beveva il suo solito bicchierotto
di vino, entrò in coma e dopo una quarantina di
giorni morì. Ci furono diversi "ritorni al
Padre" nel corso degli anni: Mario Marin, Arrigo,
Tommaso, alcuni extra comunitari, Jules, un
"personaggio" che ha caratterizzato in modo
particolare la casa con le sue testardaggini ma anche
con la sua originalità e tenerezza; e più
di recente Paolo Cocuzza (entrato nel '96 e morto il 13
aprile 2002, domenica delle Palme) che ha visto spegnersi,
nel corso degli anni, il temperamento focoso e ribelle
del siciliano a causa della malattia. Negli anni l'emergenza
terzomondiali è andata diminuendo, si è
quindi privilegiato |
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l'aspetto famigliare.
Gli extracomunitari sono stati accolti solo per emergenze: malattie,
incidenti ..."
Da una testimonianza di Maria
Costi, ausiliaria:
"Quando ho iniziato ad andare alla Casa della Carità
ero alla disperata ricerca del senso della vita e della morte.
Don Luigi Gibellini mi consigliò di iniziare a fare
"volontariato" alla Casa di Cognento, e siccome
eravamo verso la fine dell'emergenza dell'accoglienza degli
extra comunitari mi venne chiesto di occuparmi delle pratiche
di regolarizzazione presso la Questura. La composizione della
comunità stava rapidamente cambiando ed i frati stavano
cercando di accogliere nuovi ospiti che permettessero di Far
Famiglia (secondo quella diversità di carismi spesso
richiamata da Don Mario).La Provvidenza non si fece attendere
e vennero accolti gli ospiti che ancora oggi sono il nucleo
stabile della nostra Famiglia di Cognento: Wainer Casini,
i fratelli Flandi (Luigi e Gianluca), poi Riccardo Ruggieri
e ancora Ettore e Piero. Tra gli extra comunitari erano ormai
rimasti in casa solo quelli ammalati e infortunati e fu da
allora che iniziarono ad aiutarsi e ad aiutare i frati a dar
da mangiare agli altri ospiti. Altri ospiti di quel periodo
come Gaetano, Arrigo, Tommaso e Jules sono invece già
in cielo, dove, come dice Gianluca, si sta bene perchè
soffiano sempre i venti. Frate Mimmo ci sollecitava anche
ad essere attenti e partecipi alle cose che avvenivano fuori
dalla casa ed è con questo spirito che ci recammo con
gli ospiti a Casal di Principe (CE) a portare la nostra piccola
solidarietà alla parrocchia e alla mamma di Don Diana
ucciso perchè si era opposto alla camorra e con la
diocesi aveva pubblicato un documento ufficiale contro l'omertà.
Ci venne anche chiesto di occuparsi di Paola, una ragazza
ammalata di Aids, che con la sua sofferenza e le sue grandi
contraddizioni, ci ha messo qualche volta alla prova ma è
stata spesso maestra nel ricondurci all'essenzialità
e alla verità nelle relazioni; ricordo che con tono
amichevole di rimprovero diceva: "Quando si sta per morire
non si può parlare di cose superficiali ma c'è
tempo solo per pregare o per le cose importanti"."
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La
famiglia si allarga
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È quindi negli anni
'93/'94 che entrano a far parte della famiglia la maggior
parte degli attuali ospiti: i fratelli Flandi (Luigi e Gianluca),
Marco Capitanio, Wainer Casini, Ettore Vecchi, Piero Bulfamante,
Riccardo Ruggieri. Dal '95 ha vissuto in famiglia anche Daniele
Regiroli che nel marzo del 2004 ha deciso di uscire. Che il
Signore lo accompagni nella vita e nelle scelte che farà!
Negli ultimi tre-quattro anni la famiglia si è ulteriormente
allargata e si sono aggregati all'"allegra banda"
prima Franco Barbolini, Agostino Bambina e Lucio, poi Corrado,
Simone e Hien.
Da una testimonianza di fr.
Livio (in casa dal 1998 aI 2002):
"Parlare della storia della CdC di Cognento è
parlare dei suoi ospiti, che l'hanno caratterizzata, passando,
partendo e arrivando, qualcuno già alla meta del paradiso.
Arrivai in casa l'anno dopo il grosso incidente stradale di
Stefanino (1997), in aiuto a fr. Stefano che in quei tempi
era solo. Ricordo, l'anno seguente, la morte di Jules per
polmonite: uno dei "bimbi" di casa, pigro, sorridente
ed espansivo nelle feste e nei canti. E poi Mustafà:
riuscì finalmente a trovare casa e ricongiungersi con
la moglie e i figli dopo tanti anni di vita in famiglia con
noi, in seguito a un trapianto di reni (morirà due
anni dopo).
Eravamo allora in casa io e fr. Pierino, raggiunti dopo un
anno da fr. Andrea e fr. Max. Questo fu l'anno segnato dalla
malattia di Claudio, riuscito a ricostruire la propria vita
dopo un periodo vissuto in casa; vi ritornò malato
di tumore, col suo bellissimo modo di rapportarsi coi "piccoli",
per passarvi gli ultimi mesi di vita. È stata un'esperienza
che ha generato un clima di famiglia
molto forte, sia nella solidarietà tra gli ospiti che
nel coinvolgimento di vita di tanti ausiliari. Ricordo ancora
Taoufik che dopo alcuni anni di vita in casa arrivò
a chiedere il battesimo che ricevette nella nostra cappella,
col nome nuovo di Agostino. E poi alcuni ospiti che per periodi
più limitati ci hanno arricchito con la loro presenza:
Sergio, col suo caschetto da epilettico e il suo entusiasmo;
Uri, Reda, Bojan (morto poco dopo d'overdose), Bruno e i loro
tanti problemi. E ancora il "convinto" barbone Leonardo
di Regina Pacis; Matteo e Andrea, due bimbi spastici accolti
in casa per dare un aiuto temporaneo alle famiglie. E infine
l'amicizia con la famiglia Rom di Zingaretta, 3 anni e disabile,
che ha dato il "la" al nascere e strutturarsi di
un gruppo di famiglie aperte alla accoglienza che si incontrano
da allora nella preghiera. In questi anni si cominciò
a celebrare la S, Messa quotidiana in casa; iniziarono i ritiri
dei 3 pani per gli operatori delle Caritas parrocchiali; tutto
ciò contribuì a far meglio conoscere la casa.
Fu anche il periodo della ristrutturazione che portò
la casa ad essere così come la vediamo oggi."
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